martedì 29 aprile 2008

Un fischio sopra la pianura

di Roberto Roversi

La verità è che
ormai ci credono
mummie d’Egitto
pesce fritto e salato
da mangiare col pane
ombre strane che vanno
in vecchi cimiteri
a lamentarsi coi cani.
Ma sono cattivi pensieri.
E appena ieri
insieme tutti noi
facevamo paura
come il leone ai buoi
in giro per il mondo.
Ecco, oggi ci vedono
senza la pelle e le ossa
eppure fratelli e compagni
anche se è pronta la fossa
possiamo e dobbiamo contarci
per non lasciarci morire
come vorrebbero loro
e per non lasciarli gioire.
Con la nostra pazienza
grande tesoro di ieri
insieme tutti noi
torniamo leoni tra i buoi
per non lasciarci annegare.
Se tanti dicono addio
al povero vecchio operaio
e lo soffiano via come polvere
da un vecchio armadio in solaio
noi invece diciamo che è pronto
a stringersi mano con mano
e per la grande pianura
riprendere ancora a fischiare.

Chi siamo


Il Movimento per l´Unità dei Comunisti di Bologna è un movimento politico locale nato nel 2002 per favorire, per quanto nelle proprie ridotte possibilità, il processo di unità politica e culturale dei comunisti in Italia e a livello internazionale.
La figura di Antonio Gramsci è, emblematicamente, un riferimento per tutti i compagni del Movimento.
La scelta di moltissimi comunisti di opporsi alla liquidazione del PCI e, in concomitanza con l´autoscioglimento del più grande partito comunista occidentale, di mantenere anche in Italia una forza politica comunista autonoma fondando nel 1991 il Movimento per la Rifondazione Comunista, poi Partito della Rifondazione Comunista, si è rivelata giusta e lungimirante.
La "fine della storia" celebrata dagli apologeti della borghesia si è ovviamente rivelata un´illusione e le contraddizioni del capitalismo hanno segnato profondamente la storia del periodo successivo alla fine della Guerra Fredda.
Il processo di rifondazione di un Partito Comunista in Italia, in questa fase fondamentalmente regressiva per le classi lavoratrici e la democrazia, prende forza: il PRC, pur tra limiti e contraddizioni, non solo sopravvive, ma cresce e si fa sentire.
La scissione del 1998, con la nascita del Partito dei Comunisti Italiani accanto ad una Rifondazione Comunista sempre più diversa dalla sua impostazione originaria, ha costituito una sconfitta per tutto il movimento comunista. I dieci anni che ci separano da quell´evento ci pare lo dimostrino.
Le condizioni oggettive sono oggi tali da farci confermare la scelta di far vivere un Partito Comunista autonomo in Italia. Le condizioni politiche sono favorevoli al superamento della succitata e delle altre divisioni prodottesi tra i comunisti in questi lustri e al recupero di molti, preziosi compagni che di fronte a queste divisioni si sono allontanati.
La ricostruzione di un unico Partito Comunista oggi in Italia è condizione necessaria, ma non sufficiente, per riprendere, in modo non settario, ma aperto e inclusivo, il processo iniziato nel 1991 e svilupparlo verso una prospettiva non ecumenica, ma dialettica, di un rinnovamento della teoria e della prassi nel segno del marxismo (e di un suo uso non dogmatico), che consenta ai comunisti organizzati il faticoso recupero del ruolo che si vorrebbe loro nella lotta delle classi in Italia e nel mondo.

lunedì 28 aprile 2008

Ambigua la proposta di Ferrero Meglio un congresso a mozioni

Intervista a Gian Luigi Pegolo di Romina Velchi
su Liberazione del 28/04/2008


Gian Luigi Pegolo, deputato uscente ed esponente dell'area dell'Ernesto, fa parte del comitato di gestione votato all'ultimo Comitato politico del Prc. Con la sua componente, guidata da Fosco Giannini, non ha appoggiato il documento Ferrero-Grassi, perché lo considera «ambiguo» e perché «ho l'impressione che, in realtà, siano in gioco schieramenti che si propongono il controllo del partito, ma sostanzialmente senza modificare radicalmente la linea che ha portato al disastro». Quali sono state secondo te le cause della sconfitta elettorale?Certamente la partecipazione ad un governo che ha dato una prova così deludente e il voto utile. Ma questo non basta a spiegare un disastro di queste proporzioni. Non si può mettere tra parentesi il dato politico essenziale. E cioè che è fallita la proposta politica della Sinistra arcobaleno. Per altro, Bertinotti in campagna elettorale aveva chiesto il voto proprio per la costruzione del nuovo soggetto. Gli elettori hanno dato una risposta inequivocabile.E voi cosa proponete?Secondo me ci sono in campo due proposte alternative. L'una, quella di Giordano e Bertinotti, che lavora alla costruzione di un partito unico della sinistra; una strada che porta alla sparizione di Rifondazione comunista e alla costruzione di un soggetto politico che finirà inevitabilmente assorbito nel Pd. L'altra, la nostra, che vuole riprendere la missione originaria di Rifondazione comunista, e cioè dare vita ad un grande partito comunista rifondato, nel quadro di un rapporto a sinistra fondato su un'unità d'azione. All'ultimo Cpn, voi avete presentato un vostro documento. Perché?Resto dell'opinione che le due posizioni, quella di Giordano e quella di Ferrero, non siano effettivamente alternative. In questo senso vorrei capire quale sia l'effettiva posizione di quei compagni che hanno sottoscritto il documento di Ferrero. Il quale, nell'intervista al Manifesto , propone solo una diversa declinazione dell'Arcobaleno sotto forma di patto federativo: una formula ambigua. Se questa è la proposta, essa è destinata ad essere superata dai fatti; non tiene conto del risultato elettorale e dello sfaldamento in corso dell'Arcobaleno. Insomma, è una proposta intermedia che non reggerà la prova, non resisterà agli eventi. O rifluirà nella costruzione del nuovo soggetto di Bertinotti; o confluirà verso la nostra posizione. Ma Ferrero ha spiegato che non si trattava di documenti congressuali.L'ho capito. Però chiedo: qual è la base politica? La proposta di Ferrero, ripeto, è quella di un patto federativo. Conoscendo le posizioni delle altre componenti, non capisco come possano convergere su una proposta che, di fatto, lascia in piedi l'Arcobaleno. Tu credi, invece, che ci siano le basi per la costruzione di una sinistra comunista?Mi pare che tutto quello che è successo non sia il prodotto dell'insufficienza dell'opzione comunista, ma semmai della volontà di abbandonarla. Negli ultimi dieci anni, Rifondazione, sotto la guida di Bertinotti, ha subito una deriva politica e culturale, tesa a rimuovere le ragioni del comunismo, e scontato scelte che si sono rivelate sbagliate. Come, per esempio, durante la stagione movimentista, l'aver ridotto la questione del mondo del lavoro a mera componente; oppure, ancora, la scelta governista del congresso di Venezia. Nonostante la montagna di macerie che ci ha sommerso, continuo a ritenere che la maggior parte dell'elettore di sinistra si riconosca nei partiti comunisti. Una parte essenziale della domanda sociale può ancora essere raccolta attorno a posizioni esplicitamente anticapitaliste. Per altro, la possibilità della costruzione di un partito comunista e di una sinistra anticapitalista si è resa evidente con la manifestazione del 20 ottobre. E' stato un errore non averlo compreso.E non credi che esista anche l'esigenza di dare una risposta alla domanda venuta, per esempio, dall'assemblea di Firenze?Che esista la necessità di ricostruire la sinistra in Italia è evidente, specie dopo la sconfitta elettorale. Ma è un'illusione pensare di poterlo fare aggregando culture politiche esistenti per costruirne una ex novo. E' l'errore tragico che ha portato allo scioglimento del Pci e, più recentemente, all'insuccesso della sinistra europea. Sono esperimenti che conducono, alla fine, o al nulla di fatto o al riflusso nel più avvilente politicismo. Congresso a tesi (come chiedono Ferrero e Grassi) o congresso a mozioni contrapposte?Quella del congresso a tesi la considero una proposta incomprensibile. Dopo un simile disastro elettorale e le lacerazioni interne all'ultimo Comitato politico, non mi pare esistano basi unitarie minime che giustifichino un congresso a tesi. A meno che non si tenti di costruire le condizioni per realizzare, dopo il congresso, un patto tra le due ex maggioranze. Sarebbe l'ennesimo pateracchio. Quindi?Vogliamo un confronto chiaro, senza ambiguità. Per questo il congresso deve essere a mozioni contrapposte. Però, intanto, mentre il Prc si dilania, succedono cose: presto si insedierà un governo di destra; avanza il populismo/qualunquismo di Grillo e la sinistra è fuori dal parlamento...Dobbiamo prendere atto che ci attende un ruolo di opposizione per anni. Dovremo usare tutta la nostra energia per contrastare il governo di centrodestra, cominciando, per esempio, con il sostenere ai ballottaggi i candidati di centrosinistra. In secondo luogo, ci dobbiamo ricollocare nel conflitto sociale. Il che significa: ostacolare i tentativi di Confindustria di ridurre gli spazi di contrattazione nazionale; affrontare il tema delle pensioni e dei salari, che non avuto alcuna risposta dal governo Prodi; arginare il tentativo antidemocratico ben evidente nelle misure sulla sicurezza e nelle manovre per correggere in senso presidenzialista l'impianto costituzionale. Senza rappresentanza istituzionale, sembra una missione impossibile.E' un lavoro enorme, certo, anche perché l'opposizione del Pd non sarà adeguata. Inoltre, l'agenda è sterminata per quanto riguarda i temi per una possibile iniziativa politica. Io vedo due esigenze prima di tutto: la prima quella di sostenere le forze sindacali che si battono per l'autonomia contro le derive concertative; la seconda quella che vede il Prc riposizionarsi sui territori proponendo alle forze della sinistra iniziative comuni contro i pericoli della destra. Che, ovviamente, non significa approdare al partito unico. Domani, il nostro direttore, Piero Sansonetti, è stato convocato dal comitato di gestione: volete commissariare Liberazione ?Nessuno vuole commissariare Liberazione ; non ho sentito alcuna proposta simile. Il problema è di stabilire un rapporto più costruttivo tra il giornale e il partito, sulla base di due necessità. La prima, che fa seguito alla nuova situazione: occorre che tutti siano impegnati nel rilancio dell'iniziativa politica e sociale, deve essere un intento comune; la seconda: è naturale che in un percorso congressuale, Liberazione sia un luogo che consenta una rappresentazione adeguata del dibattito interno al partito.Secondo te, finora non è stato così?Non sempre ha dato una rappresentazione plurale del dibattito interno. Il che non significa che non ci si possa attrezzare per trovare spazi e forme per dare conto delle diverse posizioni.

giovedì 24 aprile 2008

Moratti: "Non partecipo al 25 Aprile" Alghero, vietata Bella Ciao in corteo

di GIOVANNA CASADIO
su la Repubblica del 22/04/2008

ROMA - A memoria, non si ricorda che il sindaco di Milano, capitale della Resistenza, abbia dato forfait alla manifestazione del 25 aprile. Niente corteo per Letizia Moratti, benché da candidato sindaco nel 2006 se ne fece un gran pezzo spingendo la carrozzella del padre partigiano, né discorso dal palco da dove, lo scorso anno, aveva concluso con un "Viva la Resistenza". Fu fischiata ma anche abbracciata da Fausto Bertinotti, il leader comunista presidente della Camera. Un anno fa. Ora il sindaco Moratti fa sapere: "Non sarò a Milano, ma la giunta sarà rappresentata alle celebrazioni della Liberazione". Non è la stessa cosa, ma Moratti è "fuori città", anche il primo Maggio. L'Anpi, l'associazione dei partigiani, con un comunicato si dice "rammaricata". E la polemica a Milano monta anche sul volantino per la Liberazione in cui si parla di "rischi" che l'Italia attuale corre per "la tenuta del sistema democratico". La Uil dissente, il segretario della Lombardia Walter Galbusera osserva: "Non è un giudizio politico corretto". Un 25 aprile che per la Sinistra, ormai extraparlamentare, e per il Pd sconfitto da Berlusconi e dalla Lega, si carica di significato. A Roma, s'intreccia con la vigilia del ballottaggio tra Francesco Rutelli e Gianni Alemanno. Il manifesto rilancerà l'appello di Valentino Parlato: "Tutti a Porta San Paolo, il 25 aprile per una manifestazione tutt'altro che rituale visto il voto che ci sarà due giorni dopo". Mentre lo spareggio per il Campidoglio tiene con il fiato sospeso il centrosinistra, si mobilitano anche i centri sociali. Da Indymedia parte un tam-tam. Assemblea al centro "Cortocircuito" ieri con Francesco Caruso, il no-global ex deputato del Prc e Andrea Alzetta alias Tarzan. La parola d'ordine, preparando la partecipazione dei movimenti alla manifestazione di Roma, è: "Ricominciamo da qui, ora e sempre Resistenza". Qualcosa di simile al 25 aprile del 1994, dopo la prima vittoria di Berlusconi. Quattordici anni fa, il manifesto aveva chiamato alla mobilitazione a Milano; adesso, a Roma. Alberto Asor Rosa tuttavia pensa che non ci sarà "quella gigantesca presenza del '94. Oggi lo spirito è più ripiegato, deluso frustrato". Non c'è stato neppure il tempo per prepararlo un grande appuntamento. A dare la misura, c'è la stanchezza di Bertinotti, che ha deciso di non partecipare a nessuno degli appuntamenti, almeno finora. La resa dei conti a Rifondazione nel comitato politico, ha lasciato i segni. Paolo Ferrero, che ha battuto il segretario Franco Giordano, sarà a Milano "la manifestazione storicamente più importante". Da lui parte l'invito a mobilitarsi contro una "destra razzista, che ricorda i movimenti filonazisti degli Anni Venti: noi siamo abituati a un 25 aprile contro la nostalgia del fascismo", però questa volta è peggio, sostiene, è in atto "una rivoluzione conservatrice", con rigurgiti "pericolosi". Non si può non esserci, aggiunge Giovanni Berlinguer di Sd: "Ho letto delle posizioni del Pdl e della Lega che chiedono di cancellare dai libri di storia la Resistenza, questo mi indigna. Essere in piazza per la Liberazione è un modo per riaprire una strada che sul piano parlamentare è stata bloccata". Ad Alghero, dove il sindaco ha vietato di cantare "Bella ciao" ci sarà un "contro corteo" ed è scontro tra il primo cittadino forzista Marco Tedde, Antonello Cabras per il Pd e la Sinistra. Manifestazioni in tutt'Italia, Il presidente Giorgio Napolitano sarà a Genova, dopo la cerimonia all'altare della Patria a Roma con i ministri Parisi e Amato, dove sarà anche Walter Veltroni. Rutelli forse concluderà con un comizio la sua campagna il 25 aprile, Veltroni sarà con lui. Gianni Cuperlo alla Risiera di San Sabba. Rosy Bindi a Sant'Anna di Stazzema. Al corteo romano dell'Anpi, saranno presenti molti leader del centrosinistra e sindacalisti. Giordano osserva che è la prima occasione, con il primo Maggio, per "ridare vita e forza alla sinistra. Fini ha detto che il 13 e 14 aprile è stata la liberazione dell'Italia. No. Dopo un voto tanto drammaticamente spostato a destra, va ricordato che la nostra Liberazione è il 25 aprile e non bisogna consegnare Roma alla destra di Alemanno". Ugualmente, Giovanni Russo Spena chiama alla mobilitazione in nome dei valori fondanti della democrazia.

lunedì 21 aprile 2008

CPN del 19 e 20 aprile-documento finale votato dall'Ernesto

Roma, 20 aprile 2008

Sconfitta catastrofica
Di colpo tutti i nodi sono giunti al pettine.
Nonostante l’impegno militante e spassionato di tante compagne e compagni, la sconfitta della Sinistra Arcobaleno è di dimensioni catastrofiche, un vero e proprio tracollo, una sconfitta storica. Con tre milioni di voti persi in soli due anni, la Sinistra Arcobaleno scende al 3% e non elegge nessun parlamentare. Senza dimenticare la vittoria del centro-destra e la crescita di una forza razzista e xenofoba come la Lega. Rifondazione Comunista, la forza politica che più di altri ha creduto nel progetto della Sinistra Arcobaleno, ne esce distrutta nel morale e nelle prospettive. Questo è il risultato della linea collettiva di tutto il gruppo dirigente che ha gestito in questi anni il Prc, non di questo o quel singolo dirigente.
Le cause principali
La causa principale del tracollo elettorale risiede con ogni evidenza nella linea della partecipazione al governo, decisa al Congresso di Venezia con il 59% di voti contro il 41%, respingendo ogni proposta di sintesi e di gestione unitaria del partito, mettendo con supponenza e arroganza l’ampia minoranza del Prc fuori dalla segreteria nazionale e dalla gestione del partito. La partecipazione al governo, motivata con la tesi risibile della permeabilità del centro-sinistra ai movimenti, ha deluso tutte le aspettative di cambiamento e di giustizia sociale. Il governo Prodi è stato permeabile non ai movimenti ma solo ai banchieri della Ue, alla Nato, agli Usa e al Vaticano, più aggressivi che mai. Un governo che, con la nostra partecipazione e corresponsabilità, ha tradito i lavoratori, i precari e i pensionati: invece che aumentare i salari e le pensioni e ridurre la povertà e l’insicurezza sociale crescente, ha favorito, sotto i dettami di Confindustria e del Fondo Monetario Internazionale, solo le grandi imprese, banche e assicurazioni. Ha eliminato il cuneo fiscale, regalando miliardi di euro alle imprese, e ha prodotto un accordo concertativo su pensioni e welfare, sdoganando la legge 30 senza abrogarla e aumentando ulteriormente l’età pensionabile senza abolire lo scalone Maroni, come promesso in campagna elettorale. Un governo che, con la nostra partecipazione e corresponsabilità, ha tradito gli immigrati introducendo nuove vessazioni securitarie, senza abrogare la legge Bossi-Fini e senza dare il diritto di voto. E’ venuto meno agli impegni elettorali sui diritti civili non riuscendo neanche ad approvare una legge sulle coppie di fatto, per la subalternità alle pressioni del Vaticano. Ha deluso il movimento per la pace, aumentando vertiginosamente le spese militari, proseguendo la missione di guerra italiana in Afghanistan, acconsentendo alla installazione dello scudo stellare di Bush, alla base americana di Vicenza e all’indipendenza del Kosovo, in obbedienza agli ordini della Nato e dell’imperialismo americano. Per parlare solo delle questioni principali, senza voler dire niente della Tav in Val di Susa, della vicenda dei rifiuti in Campania, dei provvedimenti securitari del centro-sinistra a Bologna, Firenze ed altre città. Il fatto è che, come era chiaro fin dall’inizio, non vi erano i rapporti di forza nella società perché i comunisti e le sinistre potessero dal governo ottenere risultati, e quindi bisognava evitare accuratamente di confondere le proprie responsabilità con quelle delle forze riformiste e moderate, pur evitando contemporaneamente di far tornare a vincere le destre. Si poteva fare, non si è voluto fare. La profonda delusione e il crollo di fiducia, che si erano avvertiti sin dai primi provvedimenti del governo, ha prodotto l’attuale vittoria della destra ed ha colpito soprattutto le forze di sinistra e in particolare Rifondazione Comunista. I segnali di rottura con il nostro elettorato e con i movimenti erano chiari da tempo. Già le elezioni amministrative di un anno fa avevano visto la perdita secca di due terzi del nostro elettorato rispetto al 2006, così come la riuscita manifestazione contro Bush autoconvocata dai movimenti e il contemporaneo fallimento di Piazza del Popolo erano il chiaro segnale di una rottura profonda con i movimenti. Per non parlare dell’accoglienza a Mirafiori. Fenomeni che avrebbero potuto e dovuto aprire una seria riflessione. E invece tutto il gruppo dirigente che ha gestito il Partito (quindi con una responsabilità collettiva, non attribuibile solo al presidente della Camera o al segretario del Partito) è rimasto sordo e cieco di fronte a questi fenomeni. Il vero e proprio disgusto per la politica non era riconducibile alla generica “crisi della politica”, come si è andato dicendo per due anni per sviare l’attenzione dalle cause vere, ma si trattava e si tratta di una sfiducia per la sinistra e in particolare per le forze della sinistra più radicale, che hanno dimostrato la più grande incoerenza rispetto alle promesse. Non c’è da meravigliarsi se, dopo due anni di partecipazione subalterna nel governo, i voti del Prc siano andati nell’astensione o nel voto di protesta della Lega.
Il simbolo
Se alla delusione popolare per la partecipazione al governo si aggiunge la decisione di presentare un simbolo sconosciuto, assolutamente opposto a quella connessione sentimentale col nostro popolo di cui spesso si parla a sproposito, si capisce come mai la perdita dei voti è stata così rilevante. Peraltro la decisione di presentare il simbolo della Sinistra Arcobaleno è stata presa cancellando del tutto la partecipazione degli iscritti, dei circoli e delle federazioni, con una logica autoritaria giunta persino a interrompere e rinviare il congresso già avviato, per paura del confronto democratico con la base. Clamoroso è stato l’errore di cancellare il simbolo dei due partiti che assieme superavano nel 2006 l’8%. Che di errore non si è trattato da parte del gruppo dirigente del Prc, ma di pervicace volontà di superamento dell’identità e dell’autonomia comunista, come si è visto persino dalle continue dichiarazioni del candidato premier in piena campagna elettorale a favore della trasformazione della Sinistra Arcobaleno in un nuovo soggetto politico non più comunista e della riduzione del comunismo ad una delle tante tendenze culturali dentro la Sinistra Arcobaleno.
Le cause di lungo periodo
Tuttavia le cause di questo crollo sono di lungo periodo. Un metro di ghiaccio non si forma in una sola notte di neve. Sia la partecipazione al governo, sia la diluizione di Rifondazione Comunista nella Sinistra Arcobaleno vengono da lontano, da un lungo processo di snaturamento della natura comunista, anticapitalista e di classe del partito. La negazione della centralità della contraddizione fra capitale e lavoro e l’abbandono del radicamento sociale e nei luoghi di lavoro, l’abbandono della concezione dell’imperialismo e del sostegno ai popoli che resistono alle aggressioni imperialiste (con l’adesione ideologica alla teoria della non-violenza in ogni luogo e in ogni tempo, che ha indotto addirittura ad una riduzione dell’impegno per la causa palestinese), il disinteresse per l’organizzazione del partito, dei circoli e delle federazioni, sostituita con lo schiacciamento sulle istituzioni e con le derive leaderistiche e mass-mediatiche. Sono anni che questo gruppo dirigente, tutto, opera nei fatti in direzione del superamento dell’autonomia comunista dentro nuovi soggetti politici genericamente di sinistra, come per esempio è stata, prima della Sinistra Arcobaleno, la costruzione della Sinistra Europea. Solo di una cosa non si parla neanche più, della natura comunista del partito, del comunismo, il cui solo accenno porta ad etichettature, a sciocche accuse (“identitari”) e a discriminazioni vere e proprie.Sulle cause per le quali un’esperienza ricca e promettente come quella originaria della rifondazione comunista sia finita nella debacle del 13 e 14 aprile, bisognerà aprire una riflessione più approfondita e collettiva.
Cambiare radicalmente linea politica, progetto e gruppi dirigenti
Cosa fare. Innanzitutto è necessario guardare in faccia la realtà, anche se essa è molto brutta, altrimenti le soluzioni sono peggio del male. La sconfitta è pesantissima. Il morale delle compagne e dei compagni è pessimo. C’è grande sconforto, paura, rabbia. Non ce la si cava con qualche pannicello caldo. Se non c’è una rottura di continuità, se non c’è un progetto nuovo, motivante, di rilancio dell’impresa che cominciammo 18 anni fa, se non c’è un cambiamento radicale di dirigenti e di gestione del partito (da una gestione autoritaria e burocratica ad una gestione collegiale e democratica), Rifondazione Comunista rischia di morire. E per questo cambiamento radicale è necessaria una profonda autocritica, senza alcuna reticenza, l’opposto di ciò che ancora fanno tutti i dirigenti in questi giorni, che continuano a ripetere – burocraticamente, come se nulla fosse accaduto – formule vuote e astratte, le stesse formule che hanno portato alla sconfitta. La sconfitta è troppo grave perché se ne possa uscire solo polemizzando con il candidato premier, Fausto Bertinotti. La Sinistra Arcobaleno è fallita in tutte le sue formulazioni (partito unico, soggetto unitario e plurale, federazione, confederazione, eccetera), sia dal punto di vista elettorale che politico. La pesantezza della sconfitta ci dice che per risalire la china è necessario investire non nella continuità, ma nella discontinuità, nel cambiamento radicale di linea, di progetto e di gruppi dirigenti. Questa linea, questo progetto e questi dirigenti che hanno portato Rifondazione Comunista e l’intera sinistra nel baratro, nonostante fossero stati ripetutamente messi sull’avviso, non sono più credibili. Bisogna cambiare. Bisogna andare in direzione opposta alla diluizione dell’identità e dell’autonomia comunista, della natura di classe ed anticapitalista del partito. Non di meno comunismo abbiamo bisogno, ma di più comunismo.
Salvare il PRC per un nuovo partito comunista
Salvare Rifondazione Comunista è importante. Noi vogliamo contribuire a farlo assieme a tutti coloro che sono disponibili, a partire dall’imminente Congresso. Ma è del tutto evidente che questo non è in sé affatto sufficiente, soprattutto oggi dopo una disfatta di queste dimensioni. Si salva ciò che resta del patrimonio importante di Rifondazione Comunista, di militanza, di esperienze e di capacità di costruire lotte e vertenze, solo se la si ricolloca in un più vasto processo unitario a sinistra di riunificazione di tutti i comunisti in un partito comunista più grande e più forte, non autoreferenziale ma capace di parlare a tanta parte del popolo di sinistra oggi senza riferimenti, di promuovere un più vasto schieramento anticapitalistico, per riaprire una nuova stagione dei movimenti e del conflitto sociale, per una lunga fase di lotta e di opposizione (vera, non “costruttiva”) a tutte le politiche neoliberiste e di guerra, sia che vengano dalla destra sia che vengano dal Pd. Il che significa anche promuovere una verifica della nostra partecipazione alle giunte locali. Di fronte ad una sconfitta e ad una crisi di tali dimensioni non c’è alternativa alla ripresa del progetto, con tutte le comuniste e i comunisti disponibili, anche con storie e sensibilità diverse, della rifondazione/ricostruzione di un partito comunista in Italia, com’era nel progetto originario, niente affatto conservatore o nostalgico, del 1991. Dopo la pesantissima sconfitta elettorale della sinistra, a questa strada non c’è alternativa. L’alternativa o è l’approdo verso una sorta di area di sinistra nel Partito Democratico (come sembra emergere dalla discussione che attraversa Sd, i Verdi e la Sinistra Europea) oppure l’alternativa può essere una ulteriore breve fase declinante, di esaurimento senza sbocchi in lotte intestine fra piccoli gruppi minoritari e del tutto marginali. Invece, ritornare nella società per riavviare un processo partecipato, dal basso, di rifondazione/ricostruzione unitaria di una nuova forza comunista, con tutti coloro che anche fuori del Prc sono disponibili, non nostalgica ma adeguata ai tempi, di classe ma anche interna ai movimenti pacifisti, ambientalisti, femministi, antirazzisti: questo è l’unico progetto in grado di non disperdere del tutto il nostro patrimonio, di rigenerare entusiasmo e rimotivare migliaia di compagne e di compagni, come nei momenti migliori del nostro Partito. Sappiamo che il lavoro di ricostruzione è arduo e di lunga lena, ma la manifestazione del 20 ottobre, il milione di persone in piazza sotto la marea di bandiere rosse, promossa dai due partiti comunisti e da altre forze della sinistra alternativa e di classe, è un’esperienza che sia pure sciaguratamente dissipata in pochi mesi dal gruppo dirigente che ha gestito il Prc, ci dice che possiamo farcela.

Belletti Gilda, Benni Guido, Bettarello Claudio, Catone Andrea, D’Angelo Pasquale, Giannini Fosco, Malerba Matteo, Manocchio Antonello, Maringiò Francesco, Masella Leonardo, Merlin Vladimiro, Miniati Adriana, Orlandini Olido, Pegolo Gianluigi, Rancati Claudia, Schavecher Nadia, Sconciaforni Roberto, Sema Giuliana, Sorini Fausto, Trapassi Marco, Verruggio Marco.

Compagne e compagni provenienti dalle vecchie mozioni I, II, III e IV del Congresso di Venezia

Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista

A questo link è possibile visionare il Comitato Politico Nazionale di Riforndazione Comunista del 19 aprile 2008

http://www.radioradicale.it/scheda/252124/comitato-politico-nazionale-di-rifondazione-comunista

Il voto operaio. Puntata di Omnibus con Marco Rizzo

giovedì 17 aprile 2008

APPELLO - COMUNISTE E COMUNISTI: COMINCIAMO DA NOI

www.comunistiuniti.it

Dopo il crollo della Sinistra Arcobaleno, ci rivolgiamo ai militanti e ai dirigenti del Pdci e del Prc e a tutte le comuniste/i ovunque collocati in Italia

Siamo comuniste e comunisti del nostro tempo. Abbiamo scelto di stare nei movimenti e nel conflitto sociale. Abbiamo storie e sensibilità diverse: sappiamo che non è il tempo delle certezze. Abbiamo il senso, anche critico, della nostra storia, che non rinneghiamo; ma il nostro sguardo è rivolto al presente e al futuro. Non abbiamo nostalgia del passato, semmai di un futuro migliore.
Il risultato della Sinistra Arcobaleno è disastroso: non solo essa ottiene un quarto della somma dei voti dei tre partiti nel 2006 (10,2%) - quando ancora non vi era l’apporto di Sinistra Democratica - ma raccoglie assai meno della metàdei voti ottenuti due anni fa dai due partiti comunisti (PRC e PdCI), che superarono insieme l’8%. E poco più di un terzo del miglior risultato dell’8,6% di Rifondazione, quando essa era ancora unita. Tre milioni sono i voti perduti rispetto al 2006. E per la prima volta nell’Italia del dopoguerra viene azzerata ogni rappresentanza parlamentare: nessun comunista entra in Parlamento. Il dato elettorale ha radici assai più profonde del mero richiamo al “voto utile”:risaltano la delusione estesa e profonda del popolo della sinistra e dei movimenti per la politica del governo Prodi e l’emergere in settori dell’Arcobaleno di una prospettiva di liquidazione dell’autonomia politica, teorica e organizzativa dei comunisti in una nuova formazione non comunista, non anticapitalista, orientata verso posizioni e culture neo-riformiste. Una formazione che non avrebbe alcuna valenza alternativa e sarebbe subalterna al progetto moderato del Partito Democratico e ad una logica di alternanza di sistema.

E’ giunto il tempo delle scelte: questa è la nostra
Non condividiamo l’idea del soggetto unico della sinistra di cui alcuni chiedono ostinatamente una “accelerazione”, nonostante il fallimento politico-elettorale. Proponiamo invece una prospettiva di unità e autonomia delle forze comuniste in Italia, in un processo di aggregazione che, a partire dalle forze maggiori (PRC e PdCI), vada oltre coinvolgendo altre soggettività politiche e sociali, senza settarismi o logiche auto-referenziali. Rivolgiamo un appello ai militanti e ai dirigenti di Rifondazione, del PdCI, di altre associazioni o reti, e alle centinaia di migliaia di comuniste/i senza tessera che in questi anni hanno contribuito nei movimenti e nelle lotte a porre le basi di una società alternativa al capitalismo, perché non si liquidino le espressioni organizzate dei comunisti ed anzi si avvii un processo aperto e innovativo, volto alla costruzione di una “casa comune dei comunisti”. Ci rivolgiamo: -alle lavoratrici, ai lavoratori e agli intellettuali delle vecchie e nuove professioni, ai precari, al sindacalismo di classe e di base, ai ceti sociali che oggi “non ce la fanno più” e per i quali la “crisi della quarta settimana” non è solo un titolo di giornale: che insieme rappresentano la base strutturale e di classe imprescindibile di ogni lotta contro il capitalismo; -ai movimenti giovanili, femministi, ambientalisti, per i diritti civili e di lotta contro ogni discriminazione sessuale, nella consapevolezza che nel nostro tempo la lotta per il socialismo e il comunismo può ritrovare la sua carica originaria di liberazione integrale solo se è capace di assumere dentro il proprio orizzonte anche le problematiche poste dal movimento femminista; -ai movimenti contro la guerra, internazionalisti, che lottano contro la presenza di armi nucleari e basi militari straniere nel nostro Paese, che sono a fianco dei paesi e dei popoli (come quello palestinese) che cercano di scuotersi di dosso la tutela militare, politica ed economica dell’imperialismo; -al mondo dei migranti, che rappresentano l’irruzione nelle società più ricche delle terribili ingiustizie che l’imperialismo continua a produrre su scala planetaria, perchè solo dall’incontro multietnico e multiculturale può nascere - nella lotta comune - una cultura ed una solidarietà cosmopolita, non integralista, anti-razzista, aperta alla “diversità”, che faccia progredire l’umanità intera verso traguardi di superiore convivenza e di pace. Auspichiamo un processo che fin dall’inizio si caratterizzi per la capacità di promuovere una riflessione problematica, anche autocritica. Indagando anche sulle ragioni per le quali un’esperienza ricca e promettente come quella originaria della “rifondazione comunista” non sia stata capace di costruire quel partito comunista di cui il movimento operaio e la sinistra avevano ed hanno bisogno; e come mai quel processo sia stato contrassegnato da tante divisioni, separazioni, defezioni che hanno deluso e allontanato dalla militanza decine di migliaia di compagne/i. Chiediamo una riflessione sulle ragioni che hanno reso fragile e inadeguato il radicamento sociale e di classe dei partiti che provengono da quella esperienza, ed anche gli errori che ci hanno portati in un governo che ha deluso le aspettative del popolo di sinistra: il che è pure all’origine della ripresa delle destre. Ci vorrà tempo, pazienza e rispetto reciproco per questa riflessione. Ma se la eludessimo, troppo precarie si rivelerebbero le fondamenta della ricostruzione. Il nostro non è un impegno che contraddice l’esigenza giusta e sentita di una più vasta unità d’azione di tutte le forze della sinistra che non rinunciano al cambiamento. Né esclude la ricerca di convergenze utili per arginare l’avanzata delle forze più apertamente reazionarie. Ma tale sforzo unitario a sinistra avrà tanto più successo, quanto più incisivo sarà il processo di ricostruzione di un partito comunista forte e unitario, all’altezza dei tempi. Che - tanto più oggi - sappia vivere e radicarsi nella società prima ancora che nelle istituzioni, perché solo il radicamento sociale può garantire solidità e prospettive di crescita e porre le basi di un partito che abbia una sua autonoma organizzazione e un suo autonomo ruolo politico con influenza di massa, nonostante l’attuale esclusione dal Parlmento e anche nella eventualità di nuove leggi elettorali peggiorative. La manifestazione del 20 ottobre 2007, nella quale un milione di persone sono sfilate con entusiasmo sotto una marea di bandiere rosse coi simboli comunisti, dimostra – più di ogni altro discorso – che esiste nell’Italia di oggi lo spazio sociale e politico per una forza comunista autonoma, combattiva, unita ed unitaria, che sappia essere il perno di una più vasta mobilitazione popolare a sinistra, che sappia parlare - tra gli altri - ai 200.000 della manifestazione contro la base di Vicenza, ai delegati sindacali che si sono battuti per il NO all’accordo di governo su Welfare e pensioni, ai 10 milioni di lavoratrici e lavoratori che hanno sostenuto il referendum sull’art.18. Auspichiamo che questo appello – anche attraverso incontri e momenti di discussione aperta - raccolga un’ampia adesione in ogni città, territorio, luogo di lavoro e di studio, ovunque vi siano un uomo, una donna, un ragazzo e una ragazza che non considerano il capitalismo l’orizzonte ultimo della civiltà umana.
LE PRIME ADESIONI
Ciro ARGENTINO operaio Thyssen Krupp - Mariano TREVISAN comitato No Dal Molin Vicenza - Piero CORDOLA comitati No TAV Val di Susa - Francesco BACHIS comitato sardo “Gettiamo le Basi” - Filippo SUTERA comitato NO PONTE Messina - Giovanni PATANIA comitato di lotta Alluvionati Vibo Valentia - C. BALLISTRERI- D. PAOLONE - G. MODIC - F. LISAI - M. PUGGIONI operai e delegati Fiat Mirafiori - Margherita HACK astronoma - Domenico LOSURDO filosofo - Gianni VATTIMO filosofo - Luciano CANFORA filologo - Angelo D’ORSI storico - Marco BALDINI conduttore televisivo - Raffaele DE GRADA comandante partigiano, storico dell’arte - Alberto MASALA scrittore – VAURO vignettista - Enzo APICELLA vignettista - Giorgio GOBBI attore - Michele GIORGIO giornalista de il Manifesto - Manlio DINUCCI saggista, collaboratore de il Manifesto - Bebo STORTI attore - Gerardo GIANNONE operaio RSU Fiat Pomigliano d’Arco - Wladimiro GIACCHE’ economista - Marino SEVERINI musicista, “La Gang” - STATUTO gruppo musicale - Wilfredo CAIMMI partigiano, medaglia d’argento al valor militare - Ugo DOTTI docente letteratura Università Pavia - Guido OLDRINI docente filosofia Università Bologna - Mario GEYMONAT docente filosofia Università Venezia - Mario VEGETTI professore emerito università Pavia - Andrea CATONE presid. centro studi transizione al socialismo - Alessandro HOBEL storico del movimento operaio - Federico MARTINO docente Diritto Università Messina - Stefano AZZARA’ docente filosofia Università Urbino - Fabio MINAZZI docente filosofia della Scienza Università Lecce - Sergio RICALDONE partigiano, consiglio mondiale per la pace - Wasim DHAMASH docente lingua e letteratura araba Università Cagliari - Gigi LIVIO storico del teatro - Teresa PUGLIATTI docente storia dell’Arte Università Palermo - Maria Luisa SIMONE pittrice - Delfina TROMBONI storica, femminista - Silvia FERDINANDES presid. centro interculturale nativi ed immigranti “ALOUAN” - AEROFLOT gruppo musicale - Francesco ZARDO giornalista e scrittore - Carlo BENEDETTI giornalista - Siliano INNOCENTI segret. circolo Prc Breda Ansaldo Pistoia - Domenico MORO economista - Giusi MONTANINI direttivo reg.le CGIL Marche - Alberto BALIA musicista - Hallac SAMI comitato di solidarietà con il popolo palestinese - Fabio LIBRETTI operaio, direttivo FIOM Milano - Antonello TIDDIA operaio, RSU Carbosulcis Carbonia Iglesias - Dario GIUGLIANO docente filosofia Accademia delle Belle Arti Napoli - Fabio FROSINI docente storia della filosofia Università Urbino - Albino CANFORA docente analisi matematica Università Napoli - Francesco SAVERIO de BLASI docente analisi matematica Roma - Franco INGLESE astrofisico - Vito Francesco POLCARO astrofisico - Adele MONICA PATRIARCHI docente storia e filosofia Roma - Helene PARASKEVAIDES filologa classica - Laura CHIARANTINI docente biochimica Università Urbino - Micaela LATINI docente storia letteratura tedesca Università Cassino - Nico PERRONE docente filosofia Accademia Belle Arti Napoli - Alfonso NAPOLITANO regista teatrale - Tiziano TUSSI comitato nazionale ANPI - Luigi Alberto SANCHI ricercatore CNRS, Parigi - Omar Sheikh E. SUAD mediatrice interculturale - Sergio MANES editore - Orestis FLOROS medico CPT - Massimo MUNNO “Luzzi Clan” curva sud Cosenza calcio - Rolando GIAI-LEVRA direttore “Gramsci oggi” on line - Cristina CARPINELLI centro studi problemi transizione socialista - Vittorio GIOIELLO centro ricerca Fenomenologia e società - Vito Francesco POLCARO primo ricercatore INASF - Adriano AMIDEI MIGLIANO regista e critico cinematografico - Renato CAPUTO docente storia e filosofia Università Roma - Emanuela SUSCA docente sociologia Università Urbino - Alessandro VOLPONI docente filosofia Fermo - Maurizio BUDA operaio, RSU Iveco Torino - Giuseppe BRUNI operaio, RSU Magnetto Weels Torino - Mariano MASSARO delegato regionale ORSA Sicilia - Armando RUSSO operaio, RSU Bertone Torino - Luigi DOLCE operaio, Itca, Torino - Giovanni ZUNGRONE segretario FLM Uniti Torino - Ferruccio GALLO, Pino CAPOZZI operai, RSU Fiom Idea Institute Torino - Manola MAURINO RSU ASL 1, Torino - Roberto TESTERA operaio,Comau Torino - Pasquale AMBROGIO operaio, Frigostamp Torino - Nicola BORELLO operaio, RSU ItalCementi Vibo Valentia - Mirko CAROTTA dirigente sindacale Trentino Alto Adige - Paolo AMORUSO segretario SLC Caserta - Daniele ARCELLA, Antonio BELLOPEDE, Vincenzo MEROLA, Salvatore BRIGNOLA operai, RSU Ericsson Marconi Marcianise, Caserta - Mario MADDALONI operaio, RSU Filcem Napoletana Gas - Eugenio GIORDANO operaio, RSU Alenia Pomigliano D’Arco - Franco ROMANO operaio, RSU Filcams Napoli - Ilaria REGGIANI comitato precari Mantova - Franco BOSISIO operaio, RSU Sag Bergamo - Francesco FUMAROLA lavoratore Atesia Roma - Riccardo DE ANGELIS RSU Telecomitalia Roma - Federico GIUSTI RSU Comunedi Pisa

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mercoledì 16 aprile 2008

SINISTRA ARCOBALENO, UN DISASTRO ANNUNCIATO

di Stefano Franchi, segreteria PRC di Bologna

I risultati elettorali lasciano sgomenti.
Dopo soli due anni di Governo Prodi l’Italia è stata riconsegnata alla destra e a Silvio Berlusconi. Forza Italia e An aumentano i consensi, la Lega Nord – forza razzista e reazionaria – gode di un grande consenso popolare in regioni importanti. Lo stesso risultato della destra sociale è preoccupante. Un malessere sociale che fino a ieri guardava un partito come rifondazione comunista, oggi ha scelto formazioni di destra o l’astensione.
Per la prima volta da quando è nata la Repubblica italiana - come sottolineano diversi quotidiani - i comunisti non avranno nessuna rappresentanza parlamentare, e con essi l’intera sinistra. Un dato che parla anche del futuro: senza comunisti non c’è la sinistra e chi ha voluto ostinatamente cancellare in queste elezioni un’autonoma presenza dei comunisti ha portato l’intera sinistra al disastro. Per l’ironia della sorte alla Sinistra Arcobaleno sarebbero bastati gli elettori delle due liste comuniste per superare lo sbarramento del 4% alla Camera.
Chi porta la responsabilità di questo disastro faccia un passo indietro, si dimetta. Dopo questo disastro elettorale Fausto Bertinotti e la sua Sinistra Arcobaleno fanno parte del passato. Da oggi si dovrà tornare al progetto originario del Prc, la rifondazione di un partito comunista.
Un partito che mai più voti i finanziamenti alle guerre o sostenga riforme pensionistiche e sociali e finanziarie di chiaro stampo liberista. Un partito che sappia da che parte stare, anche quando si mette in discussione una base militare americana o si difende il diritto delle donne a tirare pomodori a chi se li merita: gesto non-violento se paragonato alla violenza di chi vorrebbe ricacciarle ai tempi bui dell’inquisizione.
Di questo discuteremo nelle prossime settimane e mesi e nel prossimo congresso nazionale del PRC, se ci sarà. A questo ricominceremo a lavorare fin da ora.

Ora ci vuole l'autocritica, un congresso straordinario e rilanciare il PRC

di Claudio Grassi
su Liberazione del 16/04/2008

I risultati definitivi delle elezioni politiche ci consegnano un quadro drammatico. La coalizione di Berlusconi supera di oltre nove punti l'alleanza di Pd e Italia dei Valori e conquista un vantaggio consistente anche al Senato. La Lega Nord raggiunge percentuali estremamente significative (tornando ai risultati del 1992) mentre in alcune regioni le liste neo-fasciste raddoppiano in due anni i propri voti. Contemporaneamente il Pd non realizza la rimonta annunciata in campagna elettorale e ottiene un risultato ben inferiore alle aspettative. La conseguenza è che il prossimo Parlamento vedrà una salda maggioranza di deputati e senatori del Pdl e della Lega Nord, in grado di avviare – con il possibile benestare di Veltroni - una stagione di riforme istituzionali e costituzionali che potrebbero fare dell'Italia una repubblica presidenziale in un sistema tendenzialmente bipartitico e con una nuova legge elettorale maggioritaria.Ad opporsi a questa deriva nel prossimo Parlamento non ci saranno rappresentanti della Sinistra, il cui risultato elettorale è catastrofico.Basti dire che il 3% raccolto dalla Sinistra l’Arcobaleno è meno della metà dei voti ottenuti alle ultime elezioni politiche dalla sola Rifondazione Comunista.Ma è soprattutto un risultato fallimentare sul piano politico. Paghiamo venti mesi di governo Prodi insensibile alle ragioni dei lavoratori e dei soggetti sociali deboli. E paghiamo il fatto che il nostro atteggiamento, all'interno di quel governo, è stato per larghi tratti a-conflittuale e subalterno.La seconda causa di un risultato così disastroso riguarda il progetto politico a cui ha alluso la lista unitaria. Un progetto politico senza anima, che non ha appassionato nessuno, privo di una qualsiasi identità politica.Chi ha parlato in queste settimane della lista unica come del primo passo verso la costruzione di un partito unico della sinistra e ha agito nella direzione di accelerare questo processo, non ascoltando la contrarietà diffusa nel corpo del partito, ha commesso un ingiustificabile errore politico. L'assenza della falce e del martello dal simbolo elettorale è l'immagine più eclatante di questa inconsistenza politica.Come si è visto dal risultato elettorale, aver cancellato la falce e il martello dal simbolo elettorale non ha fatto acquisire alla Sinistra alcun voto. Al contrario, ne ha fatti perdere molti, in un elettorato consolidato e abituato a riconoscersi in quei simboli.Sono arrivati al pettine i nodi contenuti nella proposta politica avanzata con il congresso di Venezia, quando si sancì l’internità al governo "senza se e senza ma" e si lanciarono le basi per superare il Prc e dare vita ad nuovo soggetto unico della sinistra.Il gruppo dirigente del Prc ha fallito, portando il partito ad una sconfitta che non ha precedenti. Ne deve prendere atto con onestà e rassegnare immediatamente le dimissioni perché chi ha compiuto questo disastro non può essere colui che indica le soluzioni. Occorre convocare gli organismi del partito, avviare il congresso nazionale e dare la parola alle iscritte e agli iscritti.E' necessario fare autocritica e tornare ad investire sul nostro partito, riprendendo e rilanciando il progetto della Rifondazione Comunista. Non è il momento della rassegnazione, ma è il momento della lotta. Ci sono migliaia di compagne e compagni che non vogliono che scompaia Rifondazione. Noi siamo con loro.

L'ERNESTO: GIORDANO SI DIMETTA,VOTO È FINE ARCOBALENO

su www.lernesto.it del 16/04/2008

Le dimissioni di Franco Giordano e della segreteria nazionale, l'archiviazione della sinistra arcobaleno «un progetto fallimentare» e infine la ricostruzione di un partito basato sull'identità comunista. A chiedere che il Prc volti pagina e riprenda il cammino originale dopo la Bolognina è la minoranza dell'Ernesto rappresentata da Fosco Giannini e Gian Luigi Pegolo, parlamentari uscenti di Rifondazione e Leonardo Masella capogruppo del Prc in Emilia Romagna che annunciano la presentazione nel prossimo comitato politico del partito una mozione di sfiducia contro la segreteria. «Il risultato elettorale - sottolinea Pegolo - non è spiegabile solo dando le colpe al voto utile perchè lo stesso problema lo aveva l'Udc che invece ha tenuto. Bertinotti ed il segretario si ostinano a parlare di accelerazione verso il partito unico e la cosa mi pare incredibile». La minoranza dell'Ernesto chiede la convocazione del congresso e la possibilità di sapere l'esito del tesseramento dello scorso anno. Le critiche rivolte al gruppo dirigente vanno di pari passo a quelle verso il progetto arcobaleno: «L'esito elettorale - attacca Pegolo - ne decreta la fine. Il soggetto non è più proponibile. Rifondazione non va superata ma va difesa la sua autonomia». Se la proposta di Giordano di accelerare nella costruzione di una sinistra unita viene rispedita al mittente, riserve non si nascondo nemmeno per la tesi del ministro per la Solidarietà Sociale Paolo Ferrero che ha come obiettivo la nascita di una federazione in cui il Prc mantenga la sua autonomia. «Non ci piacciono i cosiddetti 'terzinì cioè coloro che si collocano tra il progetto della sinistra arcobaleno e l'autonomia del Prc. Noi - spiega Fosco Giannini - siamo contrari anche al modello della Sinistra europea». Parole dure sono infine rivolte all'ex segretario e leader della 'Cosa rossa' Fausto Bertinotti: «Lui - attacca il senatore del Prc - ha distrutto il partito comunista e tenta di distruggere la sinistra italiana, lo dicono i dati elettorali». «Le colpe - aggiunge Masella - non sono però tutte di Bertinotti. Intorno a lui, che era il padrone, c'era una corte dei miracoli, tanti cortigiani a dire sempre di sì».

Ichino ministro?

GOVERNO. ICHINO: IO MINISTRO? NON È PENSABILE, TROPPE DIFFERENZE


(DIRE) Roma, 16 apr. - Se "sul Giornale di oggi Livio Caputo parla di questa possibile proposta, rispondo qui, come ho gia' fatto pubblicamente in diverse occasioni: un mio coinvolgimento nel governo di Silvio Berlusconi non e' pensabile, per le profonde differenze che dividono il suo programma da quello del partito che ho contribuito a fondare e nelle cui liste sono stato eletto". E' quanto ribadisce Pietro Ichino, neo eletto del Pd al Senato, per il quale "questo non toglie che tra la maggioranza e il Pd possano verificarsi delle convergenze su singole materie di politica del lavoro".
Nel caso, Ichino si dice "pronto, e con me lo e' tutto il Pd, a cooperare con la maggioranza, nel rispetto dei rispettivi ruoli, per il progresso del nostro Paese".

martedì 15 aprile 2008

BOCCIATO L’ARCOBALENO, ORA LA PAROLA TOCCA AI COMUNISTI !

di Marco RIZZO

E’successo! Berlusconi è tornato, anche grazie a Veltroni, mentre la sinistra scompare con un risultato disastroso e l’improbabile Arcobaleno è stato sonoramente bocciato dall’elettorato con il 3% senza raggiungere il quorum ne alla Camera dei Deputati ne al Senato, non ottenendo così alcuna rappresentanza istituzionale. E pensare che partiva, sulla carta (nelle elezioni del 2006) con il 10,2% alla Camera e l’11,6% al Senato (sommando i risultati di Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Verdi e addirittura senza “conteggiare” la Sinistra Democratica).
Qualcuno potrà obiettare che quell’aggettivo “improbabile” poteva essere usato anche prima. Modestamente, alcuni di noi, tra cui il sottoscritto, lo avevano detto. La cattiva condotta della sinistra con il governo Prodi e il “tradimento” programmatico e ideale rispetto alla grandiosa manifestazione del 20 Ottobre, la cancellazione della “Falce e del Martello”, da molti auspicata da altri contrastata ma alla fine subita per necessità, un progetto politico privo di una “missione” e certo per nulla alternativo al Partito Democratico, le stesse modalità di scelta di adesione dei partiti (non un congresso, a volte neanche la riunione degli organismi dirigenti preposti) sono il racconto obiettivo di questa disavventura. Il problema, come sempre accade in politica,è però la questione della “percezione” di quello che stava accadendo, consapevolezza che certo non albergava non solo nella maggioranza dei gruppi dirigenti dei partiti della sinistra, ma anche in una considerevole parte dei militanti.
Bertinotti, e quelli che lo hanno seguito pedissequamente, con l'eclettismo che li ha caratterizzati, sono riusciti a fare quello che neppure ad Occhetto era riuscito: distruggere la sinistra!
Oggi ci vuole un nuovo inizio! Per ritrovare la fiducia nella parte del popolo che non si riconosce nelle disuguaglianze di questa società. Una opzione che passa necessariamente da una analisi approfondita di quello che accade in Italia e nel mondo. Proprio oggi, quando le contraddizioni del capitalismo –guerra e terrorismo, disuguaglianze sociali sempre più accentuate, collasso ambientale del pianeta- appaiono sempre più grandi. Proprio adesso, quando la nozione di “superamento del capitalismo” è più che mai attuale. Proprio ora appare evidente come la scelta comunista nel XXI secolo sia assolutamente sensata e necessaria.
Dobbiamo riportare la fiducia nella nostra gente e, soprattutto, dobbiamo fare in modo che questa fiducia possa esser rimeritata.
L’affermarsi del bipartitismo segna la crescente “americanizzazione” della politica. Si vuole chiudere “l’anomalia del caso italiano” dove, dal dopoguerra in poi, per oltre quaranta anni, il più grande Partito Comunista d’Occidente, assieme ad un formidabile movimento operaio, pur non partecipando al governo, aveva fortemente condizionato la scena politica e sociale del nostro paese. Dalla scuola per tutti all’universalismo della prestazione sanitaria, dallo Statuto dei lavoratori al rifiuto della monetizzazione della salute sui luoghi di lavoro, innumerevoli sono state le conquiste che hanno modificato concretamente i rapporti di forza tra le classi in Italia in quel periodo. Una funzione progressiva del conflitto tra lavoro e capitale che “trainava” anche le vittorie sui “diritti individuali”, dal divorzio all’aborto.
Poi è arrivata la difficile stagione dal 1991 fino ad oggi, quando si è tentato di “tenere aperta” la “questione comunista”, provando a più riprese a modificare la realtà con la partecipazione, in modi diversi, ai governi del paese. E’ stato giusto “provare” I risultati sono sotto gli occhi di tutti: 1994 – coalizione dei “progressisti”, 1996 – “desistenza” con l’Ulivo, 1998 – divisione dei Comunisti, gli uni al governo, gli altri contro, 2001 – i Comunisti Italiani dentro l’Ulivo, Rifondazione Comunista fuori, 2006 – tutti e due i partiti comunisti al governo… Sono passati 14 anni e la nostra gente non si ricorda una conquista sociale o anche solo di “principio” che , in qualche modo giustifichi quelle modalità di rapporto coi governi . Nel frattempo , la “base sociale” della sinistra, la nostra base sociale, si restringeva sempre di più…
Oggi dobbiamo interrogarci sul fatto che quel capitolo si è chiuso, tragicamente, con un risultato disastroso per tutta la sinistra. Bisogna ripartire da qui, considerando appunto che lo stare nel centrosinistra ha prodotto questi risultati. E solo un approccio miope potrebbe appellarsi al fatto che è Veltroni che ha voluto disfarsi della sinistra per riproporre in qualche modo un rinnovato quanto non augurabile rapporto col PD. Questo partito rappresenta infatti oggi (anche se non nella percezione di molti dei suoi militanti ed elettori) la migliore soluzione per i “poteri forti” che – scottati dal protagonismo reazionario e populista di Berlusconi- hanno ormai un evidente bisogno di una forza che sappia “cloroformizzare” il conflitto di classe e, al tempo stesso, “neutralizzare” qualunque evidente contraddizione. Il PD sarà, in sostanza, obbiettivamente funzionale a questo sistema capitalistico certo proteso alla massimizzazione dei profitti ma intelligentemente attento alla ricerca di una “pace sociale” che blocchi una qualunque risposta od organizzazione da parte delle classi popolari.
Per questi motivi serve avviare da subito una riflessione analitica ed un processo organizzato che sappia essere per le classi subalterne un vero punto di riferimento.
La questione comunista emerge oggi con prorompente evidenza, anche perché dove non vi sono partiti comunisti organizzati ed influenti nella società, come in gran Bretagna e stati Uniti, di fatto non esiste la sinistra.
Lo stesso risultato elettorale ci dice che anche da noi senza il partito comunista la sinistra scompare.
Un processo di costruzione che deve avere al centro la vicenda del lavoro, con tutte le sue attuali contraddizioni. Per riuscire a collegare con un “filo rosso” tutte quelle particolarità che oggi rendono lo sfruttamento del lavoro ancora più generalizzato che nel passato, dal lavoro dipendente ai ceti medi proletarizzati, dalle nuove forme di disoccupazione intellettuale alla precarizzazione permanente.
Tre sono i cardini della discussione che, schematicamente, dovremmo affrontare:
Una nuova riflessione e pratica dell’antimperialismo nell’era della globalizzazione capitalistica, sia nei confronti di quello americano, dominante, che di quello europeo, nascente.
L’alternatività all’americanizzazione della politica e quindi al Partito Democratico, appunto per una alternativa di sistema e di società.
Una nuova soggettività dei comunisti, cui possano partecipare tutte e tutti coloro che intendono impegnarsi per il superamento di questo modello di società, al di là delle attuali, e certo non autosufficienti, organizzazioni di appartenenza. Un percorso che voglia sperimentare forme nuove rispetto alla politica attuale (critica ai processi di personalizzazione e incentivazione alla direzione collegiale, superamento della politica come mestiere, revocabilità degli incarichi di direzione sulla base della valutazione dei risultati ottenuti e molto altro ancora).Come vedete un nuovo inizio, per cui servirà l’intelligenza di tutti e l’impegno di ognuno.

sabato 12 aprile 2008

Un'indegna campagna di demonizzazione della Repubblica Popolare Cinese è in corso

Appello

Un’indegna campagna di demonizzazione della Repubblica Popolare Cinese è in corso. A dirigerla e orchestrarla sono governi e organi di stampa più che mai decisi ad avallare il martirio interminabile del popolo palestinese e sempre pronti a scatenare e appoggiare guerre preventive come quella che in Irak ha già comportato centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi.
Si agita la bandiera dell’indipendenza (talvolta camuffata da «autonomia») del Tibet, ma se questo obbiettivo venisse conseguito, ecco che la medesima parola d’ordine verrebbe lanciata anche per il Grande Tibet (un’area tre volte più grande del Tibet propriamente detto) e poi per il Xinjiang, per la Mongolia interna, per la Manciuria e per altre regioni ancora. La realtà è che, nel suo folle progetto di dominio planetario, l’imperialismo mira a smembrare un paese che da molti secoli si è costituito su una base multietnica e multiculturale e che oggi vede convivere 56 etnie. Non a caso, a promuovere questa Crociata non è certo il Terzo Mondo, che alla Cina guarda con simpatia e ammirazione, ma l’Occidente che a partire dalle guerre dell’oppio ha precipitato il grande paese asiatico nel sottosviluppo e in un’immane tragedia, dalla quale un popolo che ammonta ad un quinto dell’umanità sta finalmente fuoriuscendo.
Sulla base di parole d’ordine analoghe a quelle oggi urlate contro la Cina, si potrebbe promuovere lo smembramento di non pochi paesi europei, quali l’Inghilterra, la Francia, la Spagna e soprattutto l’Italia, dove non mancano i movimenti che rivendicano la «liberazione» e la secessione della Padania.
L’Occidente che si atteggia a Santa Sede della religione dei diritti umani non ha speso una sola parola sui pogrom anticinesi che il 14 marzo a Lhasa sono costati la vita a civili innocenti compresi vecchi, donne e bambini. Mentre proclama di essere alla testa della lotta contro il fondamentalismo, l’Occidente trasfigura nel modo più grottesco il Tibet del passato (fondato sulla teocrazia e sulla schiavitù e sul servaggio di massa) e si prosterna dinanzi a un Dio-Re, impegnato a costituire uno Stato sulla base della purezza etnica e religiosa (anche una moschea è stata assaltata a Lhasa), annettendo a questo Stato territori che sono sì abitati da tibetani ma che non sono mai stati amministrati da un Dalai Lama: è il progetto del Grande Tibet fondamentalista caro a coloro che vogliono mettere in crisi il carattere multietnico e multiculturale della Repubblica Popolare Cinese per poterla meglio smembrare.Alla fine dell’Ottocento, all’ingresso delle concessioni occidentali in Cina era bene in vista il cartello: «Vietato l’ingresso ai cani e ai cinesi». Questo cartello non è dileguato, ha solo subito qualche variante, come dimostra la campagna per sabotare o sminuire in qualche modo le Olimpiadi di Pechino: «Vietate le Olimpiadi ai cani e ai cinesi». La Crociata anticinese in corso è in piena continuità con una lunga e infame tradizione imperialista e razzista.
Prime adesioni:
Domenico Losurdo, filosofo
Gianni Vattimo, filosofo
Luciano Canfora, storico
Carlo Ferdinando Russo, direttore della rivista "Belfagor"
Angelo d’Orsi, storico
Ugo Dotti, storico della letteratura italiana
Guido Oldrini, filosofo
Massimiliano Marotta, presidente della Società di studi politici
Federico Martino, storico del diritto
Fosco Giannini, senatore PRC, direttore della rivista “l’Ernesto”
Fausto Sorini, membro del Comitato politico nazionale del PRC, direzione area “l’Ernesto”
Sergio Cararo, direttore della rivista “Contropiano”
Alessandro Leoni, Segreteria regionale toscana PRC
Valter Lorenzi, Rete nazionale “Disarmiamoli!”
Luca Gorlani, educatore, Chiari (BS)
Marco Benevento, Direttivo FIOM Roma Nord
Manlio Dinucci
Luciano Vasapollo, docente Università La Sapienza, Roma
Stefano G. Azzarà, Università di Urbino
Filippo Lai, ricercatore, Cagliari
Pilade Cantini
Vincenzo Simoni, Segretario nazionale dell’Unione Inquilini
Alfredo Tradardi, ISM-Italia
Francesco Zardo, giornalista e scrittore
Marie-Ange Patrizio, psicologa e traduttrice, Marsiglia
Giancarlo Staffolani, Collettivo “B. Brecht”, Veneto orientale
Andrea Fioretti, FLMU-CUB Sirti/assemblea lavoratori autoconvocati
Andrea Martocchia, astrofisico, INAF-IASF Roma
Serena Marchionni, bibliotecaria, Fac. Matematica, Università di Bologna
George Philippou, Atene
Luigi Pestalozza, musicologo
Libero Traversa, della redazione di “Marxismo Oggi”
Sergio Manes, editore (La Città del Sole)
Antonella Ghignoli
Andrea Parti
Aldo Cannas, Cagliari
Hisao Fujita Yashima, professore associato di Analisi Matematica, Università di Torino
Marco Ghioti
Leo Giglio
Armando Gattai, Prato
Niccolò Zambarbieri, Giovani Comunisti di Pavia
Claudio Del Bello, editore (Odradek)
Lin Jie
Mauro Gemma, redazione di Resistenze.org
Antonio Ginetti, Pistoia
Riccardo Fabio Franchi, studente, Bologna
Silvio Marconi, antropologo, operatore di cooperazione allo sviluppo e intercultura, Roma
Francesco Saverio de Blasi, ordinario di Analisi Matematica, Universita' di Roma "Tor Vergata
Claudia Cernigli, giornalista, Trieste
Z. Shiwei
Edoardo Magnone, chimico, Italy-Japan Joint Laboratory on Nanostructured Materials for Environment and Energy (NaMatEE) and "Research Center for Advanced Science and Technology" (RCAST), University of Tokyo
Rosanna DesteMarco Costa – PRC, Assessore ai Lavori Pubblici, Comune di Busana (RE)
Fulvio Grimaldi, giornalista
Antonio Casolaro, Caserta
Antonio Caracciolo, ricercatore di Filosofia del Diritto, Università di Roma La Sapienza
Alessandra Orlandini, infermiera, Ancona
Gianni Monasterolo, musicista e poeta
Stefano Franchi, segreteria PRC Bologna
Marina Minicuci, giornalista
Francesco Maringiò, coordinamento nazionale Giovani Comunisti
Adriano Benayon, Brasília, Brésil
Francesco Rozza, Caserta
Gian Mario Cazzaniga, professore di Filosofia morale, Università di Pisa
Annie Lacroix-Riz, storica
Simone Bruni, operatore e mediatore socio-culturale per Arci Toscana

venerdì 11 aprile 2008

Bertinotti: nell'Arcobaleno comunismo solo una cultura

di Daniela Preziosi
su Il Manifesto del 09/04/2008

Il comunismo sarà «una tendenza culturale» all'interno della Sinistra arcobaleno. A cinque giorni dal voto, Fausto Bertinotti si inerpica su un viottolo strettissimo per i suoi, dentro e fuori il Prc. Ovvero la collocazione dei comunisti all'interno della sinistra arcobaleno e persino la sopravvivenza del suo partito. Lo fa nel corso di una videochat sul sito del quotidiano La Stampa, rispondendo alle domande dei lettori. Cosa intende per «tendenza culturale» il candidato premier? In realtà, se prese alla lettera, le sue parole sono persino ovvie: nell'arcobaleno, dice, «vivrà la tendenza comunista, quella ecologista, quella femminista; fintanto che non si costruiranno nuove tendenze. Ma ripeto, tendenze culturali e un solo soggetto politico, unitario e plurale». Però a Paolo Ferrero, ministro della solidarietà sociale e leader di una solida area interna, suonano diversamente. D'accordo sul «processo partecipato e democratico di costruzione di una sinistra arcobaleno unitaria e plurale» attraverso «una discussione larga e partecipata». Quanto al Prc «anche per questo terrà il suo congresso nei prossimi mesi». Ma l'affondo è alla fine. Ferrero cita un classico di Marx ed Engels per dire che per quanto lo riguarda «non so immaginare il comunismo come tendenza culturale; l'unico comunismo che conosco è 'il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente'».Le parole di Ferrero provocano a loro volta stupore e irritazione negli ambienti della segreteria del Prc. In fondo il ragionamento di Bertinotti non è una novità, è persino un percorso politico partito almeno dieci anni. Ma il botta e risposta ha tutta l'aria di un posizionamento precongressuale. E infatti batte un colpo anche Claudio Grassi, leader della minoranza interna Essere comunisti, quella più scettica nei confronti del soggetto unitario a sinistra: «Che i comunisti diventino una tendenza culturale dentro la Sinistra arcobaleno è una delle tante idee che sta esprimendo Bertinotti in questa campagna elettorale. Peccato che non se ne sia mai discusso da nessuna parte, per lo meno in Rifondazione comunista», dice. «Anzi, abbiamo sempre sostenuto, tutti, che la costruzione del soggetto unitario e plurale a sinistra va di pari passo con il mantenimento e il rafforzamento di Rifondazione comunista. Questa resta la posizione della grande maggioranza degli iscritti di Rifondazione, che non hanno nessuna intenzione di sciogliersi in un contenitore genericamente di sinistra». Ma non è finita. Le parole di Bertinotti ricevono l'accoglienza non cordialissima di Manuela Palermi, arcobaleno in quota comunisti italiani: «Quel che sarà la nuova formazione lo decideranno assieme, con pari dignità, senza improvvisazioni leaderistiche, i quattro partiti che ne fanno parte», dice. E quanto alla poca voglia di scioglimento, il suo partito notoriamente non è secondo a nessuno. «Il Pdci è il partito che rivendica, per oggi e per domani, la sua identità e la sua pratica comunista. Per questo considero praticabile una Confederazione all'interno della quale i quattro partiti mantengano la loro autonomia in una pratica unitaria». Un dibattito difficile, tanto a ridosso del voto. Certo, subito dopo le elezioni c'è, e Bertinotti lo ripete da mesi, la costruzione di una forza unitaria della sinistra arcobaleno. «Con chi ci sta», dice, che è come mettere in conto qualche possibile defezione. La condizione però è la vittoria elettorale. Battendo innanzitutto il pressing sul «voto utile» con cui da giorni il Pd martella, in direzione dell'elettorato di sinistra. Ieri, il terzo attacco da parte del partitone in quattro giorni. Dopo Walter Veltroni («Bertinotti ha segato Prodi»), Dario Franceschini («Bertinotti come Nader, ha fatto vincere Bush»), questa volta a prendersela con il candidato della sinistra, nella veste di presidente della camera, è stato Romano Prodi. Che si è levato un sassolino dalla scarpa, dei tanti che ne ha da almeno dieci anni. Mastella «ha tradito», ha detto in un retroscena ancora della Stampa. Ma il vero colpevole della caduta dell'ultimo esecutivo è «chi ha minato continuamente l'azione del governo, di chi ha fatto certe dichiarazioni istituzionalmente opinabili...». Poi ha smentito. «Fonti non controllate. Non commento». Ma solo nel pomeriggio avanzato. Troppo tardi per essere credibile.

giovedì 10 aprile 2008

Congresso subito

di Fosco Giannini

del 04/04/2008 su www.lernesto.it

Andiamo all’essenza delle cose.

Abbiamo assistito al fallimento completo del governo Prodi e all’altrettanto completo fallimento – lo diciamo da dirigenti del Partito della Rifondazione Comunista – dell’esperienza del Prc all’interno di tale governo.

Sui temi della pace, del disarmo, della redistribuzione del reddito, dei diritti sociali e civili nulla è stato ottenuto. In compenso, il nostro Partito si è dissanguato, in quell’esperienza di governo ha mutato se stesso, ha compromesso i rapporti con i movimenti e con il movimento operaio complessivo, pagando anche un prezzo notevole sul piano dell’organizzazione e della tenuta interna. Oggi, nei circoli, nelle federazioni, non tira certo un’aria di entusiasmo: piuttosto un’aria dimessa, di smobilitazione, di sconcerto, di disaffezione. Un’aria di sospensione: che cosa abbiamo fatto? Chi siamo? Chi saremo domani?

Al fallimento – che è stato il fallimento dell’esperienza governativa, ma ancor più il fallimento profondo di un’intera linea politica, quella discendente dal Congresso di Venezia - il gruppo dirigente del Prc ha risposto essenzialmente in tre modi: primo, rimuovendo le basi materiali della sconfitta; secondo, accelerando il processo di cancellazione della natura comunista del nostro Partito; terzo, imprimendo un giro di vite antidemocratico interno che non evoca certo i migliori momenti della storia del movimento comunista, né quel partito “antistalinista” e democratico tanto sbandierato dalla “innovazione” bertinottiana.

Per ciò che riguarda le ragioni della sconfitta, il gruppo dirigente del Prc ha assunto buona parte della griglia interpretativa di Prodi: essa troverebbe le sue basi materiali nel tradimento dell’ala moderata dell’Unione (Dini, Mastella…) e nel fatto che i poteri forti si sarebbero scatenati nel momento in cui il governo si stava preparando al “risarcimento sociale”. Vi è poi un punto analitico, espresso inizialmente da Giovanni Russo Spena e poi ripreso da diversi altri, secondo il quale una causa determinante della sconfitta risiederebbe nel fatto che il governo sarebbe stato impermeabile ai movimenti, nel senso che non si sarebbe fatto spingere a sinistra da essi.

Il primo di questi argomenti (il tradimento dell’ala moderata dell’Unione) è un argomento di tipo essenzialmente sovrastrutturale e politicista: la composizione politica (persino ideologica) dell’Unione si conosceva benissimo e si conoscevano bene i suoi limiti programmatici. Furono questi limiti a spingere una vasta minoranza interna al Prc, al Congresso di Venezia, a battersi contro la linea governista scelta in modo aprioristico dalla maggioranza. Pretendere da Dini e Padoa Schioppa – anche nell’ultima fase del governo Prodi - politiche redistributive volte a colpire i profitti premiando i salari sarebbe stato come chiedere a Parisi e Rutelli di portar via le truppe italiane dall’ Afghanistan: contraddizioni in termini.

Per ciò che riguarda il fatto che il governo sarebbe stato fatto cadere dai poteri forti poiché ormai prossimo al cambiamento di marcia e al risarcimento sociale: non c’è un segno concreto, uno che sia uno, a deporre a favore di questa ipotesi. Il governo, prima di cadere, aveva da poco licenziato il nefasto Protocollo del 23 luglio, affossando con esso ogni lotta alla precarietà, e si apprestava a gestire una stagione contrattuale all’insegna della centralità del rilancio dell’impresa e non certo volta ad adeguare stipendi e salari al costo reale della vita. Mentre sul piano internazionale si accingeva a prorogare le guerre internazionali, a rilanciare le spese militari (come dimostrato dall’ attività della Commissione Difesa al Senato successiva alla stessa caduta del governo Prodi) e a riconoscere l’indipendenza del Kosovo.

L’argomento sollevato, a mo’ di prudente autocritica, da una parte del gruppo dirigente del Prc (impermeabilità del governo ai movimenti) è, dal nostro punto di vista, particolarmente debole. Il punto non è che il governo sia stato impermeabile ai movimenti, il punto è che le politiche concrete hanno scavato un solco profondo tra governo e movimenti, sino al punto che ben presto è caduta la non del tutto onesta illusione bertinottiana secondo la quale i movimenti avrebbero spinto a sinistra l’asse governativo.

Ciò che è accaduto è che i movimenti di lotta – da quello di Genova ai metalmeccanici, sino al movimento contro la guerra – si sono trovati nella condizione di essere dall’altra parte della barricata, rispetto al governo Prodi, e non più compagni di strada. La verità è che il gruppo dirigente del Prc ha operato, per ciò che riguarda le cause della sconfitta, una rimozione profonda, ha voluto cioè dimenticare di analizzare la fase generale nella quale è avvenuta l’esperienza governativa. Ha rimosso, in modo idealista, i dati più concreti e strutturali.

L’entrata del Prc al governo è avvenuta in una fase che potremmo seriamente definire come quella della competizione globale.

Siamo di fronte ad una acutizzazione del conflitto politico ed economico, a livello internazionale, tra poli imperialisti e capitalisti, una lotta molto dura per la conquista dei mercati. Le vaste frazioni capitaliste oggi egemoni – anche in Italia - intravedono una sola via per sconfiggere la concorrenza: abbattere il costo delle merci riducendo drasticamente salari, diritti e stato sociale. In quest’ottica esse non contemplano – oggi – nessuna possibilità di compromesso con il mondo del lavoro, nessuna soluzione redistributiva di tipo socialdemocratico. La redistribuzione del reddito non è appesa al ramo della fase come un frutto spontaneamente maturato, che attende solo di essere colto. Quel frutto, semplicemente, non c’è. Il governo Prodi, se intendeva cogliere il frutto della redistribuzione, doveva navigare, rispetto alla fase data, in netta controtendenza (che, fuor di metafora, vuol solo dire fare un po’ male ai padroni).

Non lo ha fatto e, per sua natura, non poteva farlo. Sta qui il punto strutturale più significativo, che ci porta giocoforza alla domanda centrale: vi erano le condizioni oggettive, per i comunisti, per entrare nel governo Prodi? E ancor più: vi erano le condizioni per restarvi? O non era il caso – dopo l’ Afghanistan, dopo Vicenza, dopo lo scudo stellare, dopo il Kosovo, dopo le politiche di destra sulla “sicurezza”, dopo la rinuncia ai diritti civili e rispetto alla volontà ferrea da parte del governo Prodi di ritenere immodificabile il Protocollo del 23 luglio - di ritirare la delegazione del Prc dal governo?

Così, in verità, si doveva fare, da comunisti: rompere, almeno a partire dal voto sul Protocollo, la complicità con un governo incapace di conquistare un’autonomia dalle strategie imperialiste degli USA e della NATO e con politiche economiche ormai essenzialmente liberiste.

Altri dati strutturali sono stati rimossi nell’analisi del Prc sulla fase: i rapporti di forza sociali in Italia, molto sfavorevoli al movimento operaio complessivo, e la generale pulsione neocentrista emanata in area Ue dal costituendo neoimperialismo europeo. Due questioni non da poco. Sulla base materiale di rapporti di forza sociali così sfavorevoli ai lavoratori vi è il rischio, incentrando la battaglia essenzialmente sul terreno istituzionale, di scivolare – più o meno inavvertitamente - nel cretinismo parlamentare, aggravando vieppiù le condizioni di vita dei lavoratori, dei precari, dei pensionati, dei giovani senza lavoro, rafforzando il potere dei padroni.

La profonda pulsione politica e culturale neocentrista che prende forma in tanta parte dell’Ue, dettata dalla forza egemone del capitale economico e finanziario transnazionale e funzionale alla costituzione del neoimperialismo europeo, è ormai ben più che un moto carsico e segna di sé – oltre che le forze più esplicitamente liberiste - gran parte di quelle forze politiche che possono essere ricondotte ad una sorta di centro-sinistra europeo. Le forze moderate del governo Prodi non sono sfuggite a quest’attrazione egemonica e il Prc non ha saputo e non ha più potuto - in virtù della sua nuova natura politica - fare i conti con queste contraddizioni, a partire dalla subordinazione ai vincoli di Maastricht e alla mitologia del risanamento finanziario imposta dalla Banca centrale europea.

Come dovrebbe porsi una forza di classe, anticapitalista, comunista in questa fase di fronte alle contraddizioni aperte dalla competizione globale e di fronte all’attacco del capitale? Non ci sono dubbi: dovrebbe rinunciare, non per massimalismo ma per una analisi concreta della situazione concreta, alle illusioni istituzionaliste e mettersi invece alla testa di un nuovo – e probabilmente non breve – ciclo di lotte sociali, con l’obiettivo primario di mutare i rapporti di forza sociali e spuntare le unghie ai padroni. Vorrebbe dire, innanzitutto, dedicarsi alla costruzione e al rafforzamento del Partito comunista come cuore pulsante ed unitario di un più vasto schieramento di lotta antiliberista, anticapitalista, antimperialista.

Cosa ha invece scelto il gruppo dirigente del Prc dopo il fallimento del governo Prodi? Dopo il proprio fallimento? Ha scelto di velocizzare il processo di superamento dell’autonomia comunista e anticapitalista per immergersi nella costruzione di un nuovo e non meglio identificato “soggetto di sinistra”: La Sinistra - L’Arcobaleno. Un soggetto che nasce come prodotto finale del lungo processo di decomunistizzazione bertinottiana, ma che va prendendo oggi, incentrandosi sulla Sinistra Democratica, la sua forma più compiuta, in senso moderato ed essenzialmente socialdemocratico.

La cancellazione del partito comunista è, insieme, l’esito più funzionale alla fase d’attacco del capitale e quello più deleterio per gli interessi delle classi subordinate. E tale cancellazione ha una sorta di armonia interna: essa rappresenta uno strappo così violento nella storia del movimento operaio italiano che per avverarsi ha bisogno di altrettanta violenza antidemocratica: la cancellazione viene decisa da un gruppo dirigente ristrettissimo che tacita ed emargina completamente ottantamila iscritti al Partito.

Il giro di vite interno al Prc, volto al superamento dell’autonomia comunista, è costituito, a ben riflettere, da una lunga ed incredibile teoria di soprusi: si costituisce La Sinistra - L’Arcobaleno senza una minima discussione nei circoli e nelle federazioni (riprendendo per la verità uno schema verticistico già utilizzato - con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti - per la costruzione della Sinistra Europea e dell’Unione); nello stesso modo si cancellano i nostri simboli: la falce e il martello; si evita ogni minima consultazione nella base del Partito relativa all’esperienza nel governo Prodi; si avvia il tesseramento per il nuovo soggetto politico ( le tessere Arcobaleno stanno arrivando alle Federazioni proprio durante questa campagna elettorale: bel gesto per rafforzare l’animo dei militanti comunisti e spingerli nelle piazze e nei quartieri!); si sospende (sino a quando ?) il Congresso nazionale e si punisce una minoranza interna (quella de l’ernesto) attraverso una inedita quanto vergognosa e pericolosa teorizzazione antidemocratica: vi sarebbero minoranze “dialettiche” che possono essere premiate e minoranze “d’opposizione” (in quanto si oppongono alla liquidazione del Prc ) che possono essere umiliate ed emarginate.

Siamo in campagna elettorale, e i compagni e le compagne de l’ernesto, per il loro Partito e per la sinistra, faranno la loro parte. Poi, questo stato di cose, questa sospensione della democrazia interna, non saranno più tollerabili. Chi vuole cancellare il partito comunista non potrà più raccontare favole: dovrà dirlo. E chi vuole rilanciare l’autonomia comunista dovrà battersi.

Questa ipocrisia sospesa nel vuoto è perniciosa per tutti. Occorre decidere. Dopo le elezioni non si potrà più menare il can per l’aia : occorrerà il Congresso. E se non lo deciderà il gruppo dirigente nazionale dovranno imporlo gli iscritti.

E’ ora di finirla.

La parola alle compagne e ai compagni. Congresso subito!

Ci opporemo a qualunque intenzione di scioglimento di Rifondazione Comunista

di Claudio Grassi
su www.esserecomunisti.it del 08/04/2008

Dichiarazione alla stampa del sen. Claudio Grassi, Coordinatore nazionale Area Essere comunisti (PRC)

Che i comunisti diventino una tendenza culturale dentro la Sinistra Arcobaleno è una delle tante idee che sta esprimendo Bertinotti in questa campagna elettorale.Peccato che non se ne sia mai discusso da nessuna parte, per lo meno in Rifondazione comunista. Anzi, abbiamo sempre sostenuto – tutti – che la costruzione del soggetto unitario e plurale a sinistra va di pari passo con il mantenimento e il rafforzamento di Rifondazione comunista.Questa resta la posizione della grande maggioranza degli iscritti di Rifondazione, che non hanno nessuna intenzione di sciogliersi in un contenitore genericamente di sinistra.In ogni caso, subito dopo le elezioni, si dovrà tenere il congresso e quella sarà la sede per discutere del futuro del Prc. L'area Essere comunisti si batterà contro qualsiasi ipotesi di scioglimento di Rifondazione.

mercoledì 9 aprile 2008

Mascalzoni

su La Stampa del 08/04/2008

TORINO - La Thyssenkrupp sta facendo firmare ai lavoratori che lasciano l’azienda un verbale, nel quale si impegnano a non costituirsi parte civile, ma anche a non ricorrere contro eventuali responsabilità penali dei dirigenti. Lo ha reso noto il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo, nel corso dell’assemblea nazionale degli Rls, rappresentanti della sicurezza della Fiom, riuniti a Torino. «Se la Thyssen - ha detto Airaudo - utilizzava questo verbale storicamente, già prima della strage, nasce il sospetto che avesse interesse a cautelarsi. Se invece il verbale è stato modificato dopo la strage del 6 dicembre, ci troviamo di fronte a un’azienda che tenta di sottrarre ai lavoratori un diritto, quello di costituirsi parte civile. In ogni caso, si tratta per noi di atti non validi e lavoreremo perchè vengano rimossi gli effetti».Rinaldini: «L'azienda ha un atteggiamento arrogante»«È un fatto gravissimo che arriva all’indomani della tragedia della Thyssenkrupp e conferma l’atteggiamento di assoluta arroganza dell’azienda e mancanza di ogni forma di sensibilità, soprattutto tenuto conto del procedimento giudiziario in corso nei confronti dei dirigenti della multinazionale». Così il segretario generale della Fiom Cgil, Gianni Rinaldini, a margine dell’assemblea nazionale Rls Fiom in corso a Torino, commenta i verbali fatti firmare ai lavoratori delle Acciaierie contenenti la remissione di procedure di carattere penale e civile.Sono in corso verifiche sulle dimensioni del fenomeno. Intanto Rinaldini assicura che «il sindacato proseguirà la costituzione di parte civile contro la Thyssenkrupp» e invita «i lavoratori a non firmare».Duro anche il giudizio espresso da Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom. «Questa vicenda - dice - dimostra che i dirigenti della Thyssenkrupp sono dei mascalzoni e bisogna fare il possibile perchè abbiano la sanzione che meritano».

THYSSENKRUPP, PRESSIONI SU OPERAI

THYSSENKRUPP, PRESSIONI SU OPERAI /
da IL MANIFESTO


La Thyssenkrupp sta facendo firmare un verbale di conciliazione ai colleghi dei sette operai morti nel rogo del 6 dicembre scorso. Un documento che protegge il gruppo tedesco da qualsiasi tipo di causa e impedisce ai lavoratori di costituirsi parte civile in m processo. La denuncia arriva dalla Fiom Cgil, come riporta un articolo del Manifesto, che interpreta il verbale come una risposta della multinazionale al fatto che i lavoratori si sarebbero costituiti singolarmente come parte civile al processo, coordinati tra loro in una sorta di “class action”. Il primo punto che ha insospettito la Fiom tocca proprio questo aspetto: il lavoratore “rinuncia a ogni pretesa o diritto comunque conseguenti e/o connessì con l’intercorso rapporto di lavoro” riguardante tredicesima, anzianità o straordinari (come è normale in questi testi), ma rinuncia anche “per danni presenti e futuri ex artt 1224, 2043, 2059,2087, 2116 c.c»”, ossia alla possibilità di costituirsi parte civile in un processo penale. Il secondo punto riguarda un aspetto collegato: il lavoratore “rinuncia a qualsiasi pretesa e/o diritto di ordine retributivo e normativo” (anch’esso normale), ma rinuncia anche a “qualsiasi diritto risarcitorio”, ossia a danni di carattere più pesante rispetto a quelli delle comuni vertenze di lavoro. Il terzo punto concerne la frase dove il lavoratore dichiara “di non avere più nulla a pretendere dalla Thyssenkrupp Acciai Speciali Temi e da chiunque altro fosse eventualmente obbligato con essa o per essa”: con questa dizione, spiega il segretario della Fiom Cgil di Torino Giorgio Airaudo, ci si riferisce “a tutta la catena di comando dell’azienda, dunque si tenta di coprire da eventuali cause i dirigenti, cosa che in conciliazioni simili non avviene mai, perché al contrario le imprese tendono a separare le proprie responsabilità da quelle dei sottoposti, anche manager”. In cambio di questa conciliazione, il lavoratore riceve una somma di buonuscita e la possibilità di ricollocarsi, possibilità comunque già prevista dall’accordo siglato tra istituzioni e parti sociali. Il segretario generale della Fiom Cgil Gianni Rinaldini ha commentato l’iniziativa parlando di “arroganza dell’azienda”, e ha annunciato che la Fiom continuerà la costituzione della parte civile.

domenica 6 aprile 2008

BERTINOTTI DALLA RIFONDAZIONE COMUNISTA ALLA RIFONDAZIONE SOCIALISTA

di Leonardo Masella Esecutivo area Ernesto
su L'ERNESTO del 04/04/2008

CONGRESSO SUBITO DOPO LE ELEZIONI
Fausto Bertinotti e Gennaro Migliore rompono la moratoria del dibattito interno al Prc decisa per non danneggiare la campagna elettorale e affermano pubblicamente le loro posizioni, con dichiarazioni molto pesanti e gravi sia per il danno alla campagna elettorale che per il destino del Prc e del comunismo italiano.Bertinotti due giorni fa dichiara che “la questione di una forza socialista in Italia è un problema aperto, in questa campagna elettorale non ha una risposta soddisfacente… se la Sinistra Arcobaleno avrà successo dovrà aprire un discorso con i socialisti e la storia socialista”.Poiché la dichiarazione è ancora un po’ ambigua, ci pensa Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera del Prc e yes-man dell’ex-presidente della Camera, a chiarire. Ieri candidamente e schiettamente annuncia che “La Sinistra – L’Arcobaleno” deve diventare un partito unico e che questo partito si potrebbe fare anche con lo Sdi di Boselli (e Craxi e De Michelis). C’è da ringraziare Bertinotti e Migliore, perché chiariscono finalmente (sia pure in campagna elettorale e quindi danneggiando l’esito del voto) qual è il loro progetto strategico che avevano finora tenuto più o meno nascosto: quello di costruire una forza socialista e riformista, compatibile con il sistema. Per questo hanno distrutto il Prc, con un processo di demolizione sistematica e scientifica di tutta la cultura politica comunista e antagonista, che si conclude con l’omologazione governista degli ultimi due anni, che ha dato il colpo finale.Dalla Rifondazione Comunista alla Rifondazione Socialista, appunto, come da tempo andiamo dicendo. A questo punto chiediamo a tutti gli iscritti del Prc e alle altre aree critiche: perché se Bertinotti può affermare tranquillamente che “la questione di una forza socialista in Italia è un problema aperto, in questa campagna elettorale non ha una risposta soddisfacente” e Migliore invita addirittura Boselli in un nuovo futuro partito socialista, noi non possiamo dire, contemporaneamente alla difesa e al rilancio del Prc e della rifondazione comunista, che se c’è una questione aperta in Italia questa è la questione di una forza comunista, come si vede proprio da questa campagna elettorale ?Non si può più andare avanti così. Dopo le elezioni, bisogna fare immediatamente il congresso interrotto e rinviato, dando finalmente la parola agli iscritti. Non si può più rinviare il chiarimento definitivo su queste due opzioni fondamentali: se si vuole fare un partito socialista e riformista o un partito comunista e antagonista al capitalismo.

sabato 5 aprile 2008

L'avvenire del PdCI

In fuga dalla Cosa Rossa

di FABIO MARTINI

su La Stampa del 04/04/2008

Nuova sede e giornale per Diliberto, pronto a ripartire con falce e martello.

La nuova casa è già pronta. Telefoni allacciati, fax fruscianti, maniglie lucidate, stanze assegnate. Si tratta soltanto di far passare le elezioni e poi ai primi di maggio il Pdci di Oliviero Diliberto inaugurerà la sua nuova sede in via Tevere, a due passi dalla breccia di porta Pia. Per anni i comunisti dilibertiani hanno vissuto in affitto, ma ora hanno deciso di metter su casa e, per acquistare questo appartamento di mille metri quadrati nel borghese quartiere Salario, hanno messo in cantiere un investimento corposissimo. E sono pronti a farne un altro, altrettanto oneroso, per metter su un quotidiano di partito, destinato ad andare in edicola a partire dall'autunno. C'è già un'idea di titolo («Pietre»), che però potrebbe cambiare. Progetti eloquenti: il Pdci di Diliberto si pensa come se avesse davanti a sé un lungo avvenire da vivere per conto suo, anziché assieme ai tre partiti (Rifondazione, Verdi, Sinistra
democratica) con i quali si è unito nel cartello elettorale meglio noto come Sinistra Arcobaleno.
Curiosa discrepanza con quel che da settimane sostiene Fausto Bertinotti candidato premier dell'Arcobaleno: «Finita questa campagna, vogliamo andare oltre il cartello elettorale, nella costruzione di una nuova sinistra unitaria». Da quattro anni, con un passo alla volta (la rottura con lo stalinismo, la scelta nonviolenta, la partecipazione al governo), Bertinotti punta a metter su un nuovo Partito della Sinistra, liberato da connotati comunisti, da simboli antichi. Per concretizzare il suo progetto, Bertinotti sa che il 14 aprile l'Arcobaleno dovrà conseguire un risultato non molto distante da quel 10,2%, che equivale alla somma ottenuta nel 2006 da Prc, Pdci, Verdi. Ma se la Sinistra Arcobaleno faticasse ad attestarsi attorno a quel 7,5% segnalato dagli ultimi sondaggi pubblicabili, a quel punto il progetto rischierebbe di andare in fumo e riprenderebbero fiato i tanti nemici , del progetto bertinottiano. Primo fra tutti, Oliviero Diliberto che però - da comunista togliattiano - sta conducendo una campagna elettorale unitaria. Lui, «Diliberija», ovviamente spiega che è «impegnato ventre a terra per l'Arcobaleno - alcuni sono col doppio simbolo, come due giorni fa ad Asti, dove gli operai della Way Assauto avevano espressamente chiesto la presenza del leader del Pdci e non quella di «altri». Le «voci di dentro» raccontano di un progetto inconfessabile a 10 giorni dalle elezioni: una Costituente di tutti i comunisti, un nuovo contenitore più largo del Pdci e aperto a tutti quei gruppi - soprattutto dentro il Prc - interessati a ridare vita ad un Pci del Duemila. E oltretutto, col beau geste di un mese fa (casuale?) di lasciare il suo posto in Parlamento all'operaio della Thys-sen, di tempo a disposizione Diliberto ne avrà parecchio.
Per metter su un nuovo partito comunista? «È vero - dice Rina Gagliardi, intellettuale e senatrice Prc vicina a Bertinotti - ho sentito fare questi discorsi, ma ci vedo un rischio di americanizzazione, quello di una sinistra di nicchia, con tante piccole sigle politicamente insignificanti.
No, dopo il 14 aprile, con un risultato soddisfacente e tanto più se l'esito non fosse buono, c'è una sola strada: quella di una sinistra plurale che eviti la dispersione e la frantumazione». Ma dentro Rifondazione - ecco la sorpresa - persino in piena campagna elettorale uno dei big esce allo scoperto e dissente: «Considero le ipotesi del partito unico sbagliate», dice il ministro Paolo Ferrero in un'intervista a «Liberazione» e si tratta invece di costruire «un soggetto
plurale», «in cui ognuno stia comodamente nella casa della sinistra per quello che è, non perché costretto». Un annuncio di candidatura alla segreteria in vista del congresso autunnale del Prc, in contrapposizione a Gennaro Migliore, il candidato preferito da Bertinotti? Un analogo conflitto sta per aprirsi anche dentro i Verdi. Il loro leader, Alfonso Pecoraro Scanio (che ha evitato di fare il capolista nella sua Campania e ora risulta indagato) non si è mai eccitato per il progetto bertinottiano, ma Paolo Cento, animatore dell'ala movimentista, ha un'altra idea: «Se non avessimo avuto l'Arcobaleno come potevamo resistere ad una campagna così bipartitica? Anche un esito elettorale non soddisfacente non deve farci arretrare, la base è più avanti dei gruppi dirigenti». E' ancora presto per capire se Diliberto e Pecoraro pensino davvero alla doppietta (iscrizione dei rispettivi parlamentari al gruppo misto e poi presentazione dei simboli alle Europee), ma intanto alla chiusura nazionale della Sinistra Arcobaleno loro non ci saranno: sul palco allestito giovedì 10 in piazza Navona a Roma campeggerà Fausto Bertinotti. Intervistato da due comici, Dario Vergassola e Andrea Rivera.

FERRARA E FASCISTI? NO GRAZIE

di Agostino Giordano
su L'ERNESTO del 03/04/2008

Le dimostrazioni di solidarietà "umana e politica" a Giuliano Ferrara sono fuori luogo e mirano soltanto a stravolgere la realtà dei fatti, così come si sono verificati ieri a Bologna.E' davvero molto imbarazzante e soprattutto controproducente per l'importante battaglia che in Italia si sta conducendo a difesa dei diritti delle donne e di tutti i diritti civili, che tali prese di posizione provengano proprio da alcuni importanti esponenti della Sinistra italiana (che già fatica a sopravvivere...) Migliaia di giovani, donne, precari e studenti ieri hanno pacificamente invaso Piazza Maggiore, contestando legittimamente il provocatore Giuliano Ferrara, che stava delirando e fomentando i suoi pochi militanti con invettive fasciste anticostitizionali. Anche se noi eravamo migliaia ed i sostenitori di Ferrara pochissimi, il pericolo reale è che le idee oscurantiste e reazionarie del direttore del Foglio possano conquistare una posizione egemone nella nostra società e nei futuri governi del nostro Paese.Proprio perchè si teme una risposta di massa all'avanzata del conservatorismo e della reazione, ancora una volta la risposta è stata la repressione. Alle mani nude alzate si è risposto con i manganelli. Questo è successo ieri a Bologna ed ancora una volta i Giovani Comunisti erano con il Movimento a difendere le istanze di democrazia e civiltà. Ancora una volta, insieme a tanti ragazzi e ragazze, si sono trovati di fronte alla violenza di alcuni settori delle forze dell'ordine. Bologna, 03/04/2008

Francesco Maringiò – Coordinamento nazionale Giovani Comunisti
Agostino Giordano - Coordinatore provinciale Giovani Comunisti (Prc) di Bologna