giovedì 1 maggio 2008

Dall’Appello ai Comunisti al “Che Fare”

di Marco Rizzo
su La Rinascita della sinistra del 1/5/08

L’unica nota positiva dopo il disastro dell’Arcobaleno è l’importante appello per l’unità dei comunisti. E’ positivo perché va incontro all’esigenza di un confronto rapido e necessariamente pubblico tra le realtà della sinistra anticapitalista in Italia. L’appello sarà ancor più efficace se invece di ripiegarsi su una pura sacrosanta ricerca di identità cercherà di costruire una controtendenza organizzata e coerente, senza sottrarsi in alcun modo a rivedere le contraddizioni accumulate e non risolte in questi ultimi vent’anni.

Partiamo da una semplice domanda: perché i lavoratori e gli strati più deboli della popolazione non votano più a sinistra? Addirittura sempre più spesso si sono sentiti di dare alla destra questa loro rappresentanza.

Alla fine degli anni ’60 gli operai arrabbiati per una sinistra forte ma tiepida verso di loro e per un sindacato presente ma non sufficientemente battagliero obbligarono entrambi a diventare decisamente più combattivi. Arrivò infatti la stagione dell”autunno caldo” e del “potere operaio”.

Oggi invece tra la “nostra gente” l’amarezza è tale che interi settori di proletariato si sentono “perduti” e si aggrappano non a possibili soluzioni del loro profondo e crescente disagio economico, ma a disvalori e stili di vita che li “consolano” artificialmente: identità territoriale, sicurezza, demonizzazione del diverso.

In questi ultimi due anni di governo Prodi questo processo si è moltiplicato indefinitivamente, deteminando poi le premesse del disastro. Mentre gli altri lavoratori, i precari, i pacifisti, i giovani di Genova, le popolazioni della Val di Susa e di Vicenza si sono sentiti traditi ed abbandonati.

Eppure di segnali ne erano arrivati! I fischi indirizzati ai sindacalisti alla Fiat Mirafiori erano infatti il sintomo di una classe operaia che non si sentiva più rappresentatala da una sinistra che “tanto diceva e che nulla faceva”. Nel migliore dei casi erano “strilli” sulle agenzie stampa subito sedati dalle “rassicuranti” interviste in cui si ricordava che “mai si farà cadere il governo”.

Ricordate quel 9 giugno dell’anno scorso, quando i quartieri generali della “sinistra radicale”si ritrovarono a Roma in una Piazza del Popolo deserta, soli mentre il loro popolo, in oltre centomila persone, aveva giustamente scelto di manifestare contro Bush, al di là delle indicazioni di un ceto politico poco credibile e subalterno alle compatibilità del “governismo”?

E poi ancora l’ultimo grande segnale dato dalla manifestazione del 20 ottobre: un milione in piazza per chiedere ai due partiti comunisti al governo di dimostrare la loro identità, commisurandola alla loro “utilità sociale” nella battaglia contro il pessimo protocollo su pensioni e welfare.

Ed anche lì nessuna comprensione di cosa stava accadendo, poi ancora la miopia sull’abolizione della “falce e martello” ed infine è arrivato lo tzunami.

Ora si riparte da quell’appello unitario, ma, per favore, non facciamo più errori!

Lo spazio è breve, ma alcune verità si possono ricordare in poche righe: siamo stati vittime del “voto utile”? In parte certo, anche perché notandosi poco la differenza tra PD e Arcobaleno, molti hanno votato l’originale (tanto più con premio di maggioranza) e non la fotocopia. Però anche l’UDC era minacciata dal voto utile e invece ha preso addirittura più voti. E allora? Certo molti altri compagni non hanno votato o hanno scelto il PCL o Sinistra Critica, ma appunto quando si perde in tutte le direzioni il problema sta nella totale assenza di credibilità sia del progetto che dei gruppi dirigenti che lo hanno “coltivato”.

Per evitare quindi ulteriori fughe verso un vicolo definitivamente “cieco”, ricordiamo con “buon senso” che l’Arcobaleno non era l’unica scelta possibile e mettiamo davvero in campo tutte le nostre energie per ripartire con una opzione realmente anticapitalista contro l’americanizzazione della politica, riconoscendo quindi la necessità di essere totalmente alternativi al PD.

L’Unità dei Comunisti poi si potrà fare ma senza steccati, facendo tutti un passo indietro e attivando da subito una severa riflessione sui progetti, sulle culture e sui comportamenti dei gruppi dirigenti che hanno partorito questo disastro, che arriva purtroppo da lontano.

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